CATECHESI DEL 23 - Parrocchia Santa Chiara Potenza

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CATECHESI DEL 23

                                                           


SPUNTI……. NON SOLO PER LA QUARESIMA
  Carissimi fratelli e sorelle, spero stiate tutti bene, siamo uniti  nell’unica fraternità e nel comune cammino di preghiera e di crescita in umanità  . Per questa riflessione di Quaresima mi è piaciuto condividere con voi la  conoscenza di un amico e fratello incontrato in Sicilia, un missionario laico,   con il quale ho condiviso per due anni il servizio agli ultimi, abbracciando e  accarezzando il suo grande sogno, sto parlando come avrete sicuramente capito di  Fratel Biagio Conte. Certamente sarà la Chiesa a decretarne la Santità, ma sin  d’ora posso  dire di sentirmi  onorato di aver percorso un tratto di strada con  lui.
   Provo a rileggere con voi il messaggio di papa Francesco per la  Quaresima e descrivere nello stesso tempo la vita di questo missionario laico,  alla luce dei due battiti fondamentali o se preferite polmoni del cammino  quaresimale  e cristiano in genere: la conversione e la riconciliazione.  
  Quanto al primo polmone, la conversione, il vangelo della  Trasfigurazione, citato nel messaggio per la Quaresima, ci dà un’indicazione  imprescindibile e fondativa per la sequela Christi: “Ascoltatelo”. Non si può  vivere un cammino di conversione a prescindere da una conoscenza più vera di se  stessi, e non si può conoscere più profondamente se stessi, riconoscendo il bene  ma anche il male che vive in noi, se non rimirandoci costantemente nello  specchio del mistero di Cristo, della sua vita umana spesa in mezzo a noi.  Infatti molto del male che compiamo o della imperfezione con cui ci sforziamo di  porre in essere lo stesso bene, nasce da una non piena conoscenza di noi stessi.  Solo l’esperienza costante  della meditazione delle Scritture  ci può permettere  di salire più in alto e conquistare una  visione d’insieme più veritiera della  nostra vita e delle nostre scelte di cammino. Non diversamente,  San Gregorio  Magno diceva che non è l’agire virtuoso  che genera in noi la fede e l’unione  più salda con Gesù, ma al contrario è dall’incontro e dalla conoscenza  con Gesù  che nasce la possibilità di una conoscenza più vera di noi stessi e di un  discernimento che, rimettendo ordine, genera “vita nuova”,  un cammino virtuoso  di carità nella verità con  il progressivo rinnegamento dell’uomo vecchio  e il  conseguente  sforzo e impegno gioioso di scegliere e vivere il bene.
   È quanto ho potuto conoscere personalmente nel cammino di Fratel  Biagio, nonostante l’incessante e perseverante attività di ascolto e accoglienza  delle diverse povertà e fragilità, dedicava giornalmente tempo alla preghiera  liturgica e personale nonché annualmente a esperienze di ritiro e di silenzio,  volte a vagliare, come in un setaccio,  l’autenticità e la perseveranza delle  sue ispirazioni e del suo cammino, a partire proprio da quell’ “Ascoltatelo” a  cui costantemente ci richiamano le Scritture. Vivere costantemente immersi nel  mondo infatti  può portare a tiepidezza , a  delle opacità di coscienza, a  cadere nella tentazione di dire “ ma tanto fanno tutti così” oppure “sarà per  un’altra volta”,  e a lungo andare a inaridimento  e tiepidezza motivazionale   con conseguente arenarsi dei nostri buoni propositi  e progetti di cura e  fraternità.  
    Quanto al secondo punto, è strettamente conseguente al primo. La  riconciliazione, consegue infatti dalla conversione, da una  conoscenza più vera  di se stessi che riconcilia con la propria storia e la propria vita, una  liberazione dalle catene dell’uomo vecchio e una conseguente pace e  riconciliazione con tutto il creato. Molte volte è proprio dal mancato percorso  interiore di riappacificazione che nasce tensione e aggressività nelle  relazioni, una forma di rilascio impulsivo, ingiustificato e falsamente  compensativo, della confusione e tensione accumulata in se stessi, su e contro  gli altri.
   Solo dalla riconciliazione con Dio e quindi  con se stessi  nasce la  possibilità di una   disponibilità e apertura autentica a un cammino sinodale,  che è  da un lato un cammino di verità che richiede umiltà e libertà da se  stessi nel confronto e nella conoscenza, e dall’altro  un cammino di carità che   richiede  docilità per essere tradotto in obbedienza della vita. Solo così,  stando insieme, nella concordia, che è molto di più della formale vicinanza  fisica,  possiamo  conquistare un discernimento spirituale   sempre  più pieno,   una visione d’insieme dall’alto che non contraddice ma suggerisce e valorizza    lo scendere  a valle nei rapporti personali della vita concreta. In questo modo  non solo ci accorgiamo sempre più dell’altro uscendo dal nostro egoismo  genesiaco, ma nello stesso tempo compiamo sempre più noi stessi, perché è  proprio nell’apertura a tutti gli altri e dal dono sincero di noi stessi che  consegue  una conoscenza sempre più vera  e un conseguente  accrescimento  di  essere.  
  Fratel Biagio ha vissuto tutto questo perché non si è limitato a vivere  “per” i poveri, ma ha vissuto “da” povero e “con” i poveri. Ha  conformato cioè  tutta la sua esistenza alla sua missione, arrivando a vivere esclusivamente in  Cristo per i poveri.
   Concludo. Tutti gli uomini di buona volontà hanno qualcosa da  insegnarci, non si tratta di voler ripetere la loro vita, ognuno riceve in dono  dallo Spirito la sua propria missione, ma si tratta di non fingere a se stessi,  di uscire allo scoperto e lasciarsi mettere a nudo dal carisma di quel o  quell’altro fratello, perché ciascuno di noi possa lasciarsi interrogare e  aprirsi, secondo il proprio carisma e il proprio stato di vita, alla verità  tutta intera di Cristo e non, tendendo al risparmio, -direbbe papa Francesco  cristiani da salotto-  a ciò che non ci costa, perché una cosa vale  quanto ci  costa o se preferite quando costa.
     Un esercizio concreto di prossimità e fraternità in cui esercitarci è  proprio l’ospitalità,  antesignana della relazione, accoglienza che conduce  al  di là del proprio egoismo  e piacere, e della propria cerchia o gruppo di  interessi. Si tratta della sfida di accogliere l’altro al di là della  convenienza e in virtù di una fraternità universale che dice e dimostra  più di  ogni altra cosa la mia fede,  l’aver conosciuto, sforzandomi di viverlo  con la  vita,  un Dio “Padre di tutti”.
   Questo, non senza difficoltà, è stata la sfida vissuta da fratel Biagio  per tutta la sua vita in missione.

                                                                                           Camminando insieme …
                                                                                                 Don Giuseppe

 
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